Quanto mi manca mia madre

Alle 18.30 ci eravamo sentite telefonicamente e le avevo chiesto di spiegarmi la ricetta dei suoi buonissimi peperoni al gratin, alle 21.30 mi chiama una sua amica vicina di casa dicendomi che mia madre non sta bene, non riesce a respirare. Quando arrivo da lei l’hanno già portata al pronto soccorso in arresto cardiaco, alle 23.30 il medico esce dalla stanza del codice rosso e mi dice che mamma non c’è più.

Ecco, io non ci credevo, anche nei giorni seguenti non riuscivo a credere che fosse vero, e per un anno intero di notte ho sognato che era tutto un errore e lei ritornava da me. Per metabolizzare la perdita di mia madre ci ho messo davvero tanto, e ancora oggi che sono passati sei anni a volte mi sembra assurdo che se ne sia andata così all’improvviso, senza salutarla, togliendomi in un istante il ruolo di figlia e lasciandomi solo quella di madre. Mio padre c’è ancora, ma essendo i miei separati non è mai stato presente come mia madre, era lei il punto di riferimento mio e di mia sorella, sempre presente, premurosa, disponibile.

E’ andata via quando Bianca aveva solo 8 mesi, e mi è mancato condividere con lei tutti i progressi di crescita di mia figlia, mi è mancato appoggiarmi a lei durante la gravidanza difficile di Luna, e mi sono mancati i suoi consigli in tante decisioni importanti che ho dovuto affrontare. Mi mancano le telefonate quotidiane a parlare del nulla, di banalità, frasi come ‘Cosa cucini oggi? Che sta facendo Bianca? Hai visto che freddo?’  Pensavo di essere una persona forte ed autonoma, perdere mia madre al di là del dolore immenso ha fatto venir fuori le mie fragilità e debolezze. Era lei la mia forza e ne ero inconsapevole.

Eppure in uno dei momenti più difficili della mia vita, ad un anno dalla sua morte, lei c’era. Ero terrorizzata perché dovevo operarmi per un nodulo al seno, che nessun esame – ago aspirato, biopsia – aveva potuto escludere che fosse maligno. Avevo una paura folle, dell’intervento, della diagnosi post-intervento e delle eventuali cure, e piangevo di continuo. Una notte sognai di essere con mia madre in ospedale, non la vedevo ma sentivo chiaramente e distintamente la sua voce che mi rassicurava, dicendomi che era un intervento stupido e che subito dopo sarei stata benissimo. So che è stata vicino a me in quei momenti, l’intervento fu breve, si trattava di un tumore benigno e dal mio risveglio dalla sala operatoria non ho mai sentito dolore, sono stata bene da subito.

Riflettere sulla sua vita mi ha fatto maggiormente comprendere il suo ruolo di mamma, l’impegno e i sacrifici fatti per crescere me e mia sorella, conciliando famiglia e lavoro, e soprattutto ho compreso per la prima volta, provandolo in prima persona, il dolore da lei provato quando era poco più che quarantenne per la perdita di mia nonna, sua madre. La sofferenza almeno ha questo di positivo, rende più empatici e meno egoisti, ci spinge ad apprezzare maggiormente ciò che abbiamo e che diamo per scontato.

Oggi sorrido quando rivedo lei in me, in certi modi di dire e di fare, mi auguro di diventare ancora più simile a lei invecchiando. Spesso quando cucino prendo spunto dal suo ricettario che custodisco gelosamente, anche se so che non arriverò mai al suo livello, ci sono piatti che non provo neanche a fare e dei quali posso solo ricordare il sapore.

Cerco di curare le sue adorate piante nonostante non abbia il pollice verde come lei che adorava stare con le mani nella terra (a me fa schifo), e nonostante più volte durante certi inverni rigidi e ventosi siano state sul punto di morire, si sono sempre riprese miracolosamente e mi hanno regalato fiori meravigliosi di cui lei era orgogliosissima.

Averla sempre in mente e ripercorrere ciò che diceva e faceva non colma il vuoto della sua presenza, la mancanza del suo odore, della sua voce, però me la fa sentire più vicina, nell’amore mamma-figlia che supera i limiti corporei e visivi. E spesso guardo l’orizzonte e la saluto, sperando che dal suo angolino di cielo sia fiera di me.