Bilancio di un anno di covid

Viene da sorridere amaramente quando agli inizi ingenuamente sventolavamo bandiere dal balcone con un rassicurante arcobaleno e un ‘andrà tutto bene’, certi che la bufera sarebbe passata presto, che il virus sarebbe sparito all’improvviso così come era arrivato, lasciando danni ma con una durata limitata, al pari di un ciclone.

Nessuno immaginava che il coronavirus avrebbe segnato l’inizio di una nuova vita per tutti, una vita di convivenza con un ospite indesiderato ma che impone a tutti i costi la sua presenza, e che non accetta di essere messo da parte. Il distanziamento, la mascherina, l’assillante e continuo lavaggio delle mani e dell’utilizzo del disinfettante sembravano uno stress sopportabile solo perché sarebbero durati poco, ci dicevamo, invece ci siamo abituati anche  a questo, a non toccare e baciare i parenti, a non far vedere i nostri sorrisi, a comunicare attraverso gli occhi e abbiamo imparato davvero a lavarci le mani, perché una sciacquatina di qualche secondo non basta.

A febbraio e marzo del 2020 è stato terribile e angosciante, ma eravamo all’inizio e avevo tutte le forze e la carica necessaria per affrontare l’ignoto. Quest’anno è andata molto peggio, l’ansia continua di potersi ammalare, le figlie sballottate tra dad (tanta ) e la presenza (poca), i pochi contatti sociali, la consapevolezza che ormai questo stile di vita sarebbe durato a lungo, mi hanno svuotato psicologicamente, hanno reso ancor più faticoso l’essere madre e moglie, oltre a regalarmi gastrite pressochè cronica. Trascorrendo molto tempo a casa avrei potuto scrivere di più, e invece mi trovo a non voler fare neanche quello, perché una vita poco vissuta non offre molti spunti narrativi, mi ritroverei a parlare sempre delle stesse cose.

E’ tristissimo constatare che le mie bambine abbiano trascorso un anno della loro vita con rapporti sociali tendenti allo zero, niente festeggiamenti per il compleanno, niente feste, niente baci ai nonni, niente sport, nessuno restituirà loro quest’anno perso.  Bianca ha finito la seconda elementare, ed io non voglio accettare che a settembre sarà già in terza, mi sembra che quest’anno non sia valido, troppa dad, programmi non finiti, nozioni non assimilate a dovere, pochi scambi e interazioni con gli amici, è come se l’anno fosse partito ma giunto al termine in maniera incompleta, senza un pezzo importante.

E dire che siamo stati fortunatissimi, perché non ci siamo ammalati e addirittura non abbiamo avuto la necessità di fare un tampone, marito a parte, per caso positivo in ambito lavorativo.

Non so cosa rispondere quando di tanto in tanto Luna mi chiede ‘ma quando se ne va questo brutto virus’, e non rispondo, se non con un ‘hai ragione’. A settembre inizierà la prima elementare, non so come reagirà alla mascherina da indossare per tante ore e non so come inculcarle i concetti di igiene cui tutti ci siamo adeguati e ai quali lei è refrattaria, e soprattutto non so come riuscire a farla alzare prestissimo la mattina visto che lei ama dormire fino a tardi ed è lentissima a prepararsi. La paura per il contagio e le quarantene si duplicherà e già mi pongo il problema delle assenze dell’una se dovesse entrare in quarantena l’altra. E’ un mio difetto, vado troppo oltre con i pensieri, sarà la smania tenere tutto sotto controllo che mi spinge a prevedere e risolvere di continuo, come una scacchista.

Il mio anno (quasi e mezzo) di covid in sintesi è stato così, pochi fatti e tanta roba accumulata dentro, nella mente e nell’anima. E so bene che ci sono tanti che se la sono passati peggio, economicamente, lavorativamente e come condizione fisica. Purtroppo il distanziamento allontana le persone fisicamente ma anche emotivamente, alimenta gli egoismi e spegne l’altruismo e l’empatia.

Dovremmo lottare affinchè il coronavirus non ci tolga anche l’anima.